Dal libro “Rimettersi in gioco”

Dal libro “Rimettersi in gioco” di Antonella Galletta – editore De Vecchi 2007
Capitolo 10° Lasciarsi attraversare dal mondo.

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“Mi sono guardata allo specchio ed ho scoperto che avevo i capelli bianchi, era un grosso ciuffo bianco, sorprendente non me ne ero accorta prima”. Questa era un’affermazione di una giovane donna che aveva vissuto drammaticamente un fallimento imprenditoriale. A volte basta molto meno di un fallimento per accorgersi di lasciare per strada la propria vita.

Rendersi conto che non si vedono più gli amici, che i figli sono cresciuti, che non si fa più sport, che non si fa più l’amore con il proprio partner,che c’è bisogno delle vacanze per sentire il profumo, il gusto, le sfumature dei colori. Accorgersi, con una metafora. che un “Altro”, senza interpellarci sta scrivendo i testi della nostra vita.

“L’Altro”, sappiamo bene che non è del tutto estraneo, è quel Direttore generale che c’è in noi, che ha consapevolmente o inconsapevolmente voluto investire in una direzione esistenziale. Marcuse, nell’uomo ad una dimensione aveva lanciato provocazioni che si univano ad altri pensatori quali Cooper, Focault. Un coro di protesta che con la scusa della sociologia sollecitava i giovani di quel tempo ad appropriarsi della propria vita, guardare e vivere il mondo con occhi che si lasciassero penetrare attivamente da ciò che il contesto sociale, economico, sociologico proponeva. Le letture invocavano ad acquisire l’attenzione, gli skills, si direbbe adesso, per diventare protagonisti e non comparse della propria vita, e vivere, in fondo, cautelando il concetto del “de rerum natura”.

Lasciarsi attraversare dal mondo è riappropriarsi di un senso delle “cose naturali”, far riaffiorare uno spirito un po’più selvatico, atavico. Per accedere alle “cose naturali” bisogna far piazza pulita o quantomeno accantonare i comportamenti di parata in cui si dichiara che tutto è perfetto, che si è O.K. che si fa fronte a testa alta a tutto. Far entrare vento pulito, privo di cose che si devono dire, sostenere, raccontare per sentirsi all’altezza della situazione o non restare fuori dal giro. Il vero coraggio non è il perpetuare a sostenere l’impalcatura del ruolo, dello status, ma far entrare e far propria una dimensione di vita che risponde anche alle proprie debolezze. Perché le debolezze, direte voi ? Chi si presenta debole è fuori dai giochi. Questo può essere un pensiero comune, in parte influenzato dalla contaminazione della cultura d’impresa americana, in cui bisogna, a tutti i costi cercare il successo, possibilmente monetizzabile. La vera debolezza è l’incapacità di dire e sostenere con la propria forza la possibilità di non sentirsi sempre bravi e capaci

Immaginate una situazione in cui, a cena con amici, ascoltate una persona che sostiene che ha avuto successo, ma ha preso coscienza che si stava rovinando la vita ed ha lasciato la strada che la stava portando al successo. Poi, nel corso della serata si scopre che la persona che aveva successo vendeva i suoi prodotti in diverse parti del mondo, ma molto spesso non la pagavano. La medesima persona tiene banco per tutta la serata, citando più volte il pronome io, affermando cose di sé, nessuna domanda agli altri, ma prevalentemente affermazioni o racconti del suo successo e delle sue scelte. Allo stesso tavolo un’altra persona che ascolta, non racconta i propri successi o insuccessi, commenta alcune frasi, portando esempi e non opinioni. La prima persona è quella che si propone attraverso il successo, la seconda con un atteggiamento d’ascolto. Quale tra le due potrebbe maggiormente riuscire a “farsi attraversare dal mondo”? Nutrirsi di non pregiudizi, stare ai giochi senza imporre il proprio, e, probabilmente sostenere una parte che non è nient’altro che un cieco compromesso e non una scelta.

Lasciarsi attraversare dal mondo è ascoltare un corpo che reclama attenzioni, una relazione che non ha più intimità, un semplice e candido sguardo sull’esterno e non solo sul proprio interno, interno in cui prevale l’egoismo, il narcisismo, la competizione.

Chi decide di rimettersi in gioco è riuscito a fermare il proprio sguardo all’esterno, questa è la prima vittoria. C’è un mondo che reclama attenzione, un mondo che suggerisce idee, che stimola relazioni, che alimentano azioni, conoscenze, che fanno sentire odori. Persino gli odori nauseabondi servono, stimolano la voglia di andare a respirare aria buona, di cambiare luogo di vita, di accorgersene e di fermarsi.

Quando l’attenzione si rivolge a senso unico, la percezione si assuefa, si adatta e cancella l’esterno. Decidere o essere costretti ad iniziare un nuovo gioco apre gli occhi verso un esterno che è sempre esistito, ma censurato, messo da parte. Una dimensione di chiusura apre un solo gioco, con se stessi, il gioco avrà sempre somma zero, affinché cambi c’è bisogno di una variabile numerica, suggerita anche da una piccolo, semplice ed insignificante fatto. Lasciarsi attraversare dal mondo significa “vedere”, essere capaci di sentirsi bambini, tabula rasa dove possono nascere nuovi giochi di vita, d’esistenza, dove non esiste la prigione del dovere sostenere la propria verità. Possono esistere dogmi, presupposti, che trasmettono una verità, ma non la verità.

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